• Da 13 Settembre 2024
  • al 27 Ottobre 2024
  • Chiesa di San Lorenzo; San Vito al Tagliamento
  • Da 13 Settembre 2024
  • al 27 Ottobre 2024
  • Chiesa di San Lorenzo; San Vito al Tagliamento

DI MARIO MICOSSI

Il progetto espositivo nasce nell’ambito della XXXIII edizione del Festival Internazionale di Musica Sacra organizzato da Centro Iniziative Culturali Pordenone, Comune di San Vito al Tagliamento, Presenza e Cultura e con il sostegno della Regione FVG.
Mario Micossi (1926-2005), artista friulano, ma internazionale, ha dedicato l’amore del creato, del “naturale”, alla montagna, alle Carniche come alle Giulie, alle Dolomiti e infine ai grandi monti della catena himalayana che egli, da grande appassionato, visitò osservò e ritrasse in un gran numero di tavole incise.

[…] La tecnica soprattutto usata è quella dell’acquatinta, per gli effetti latamente “pittorici” che essa permette attraverso le raffinate stesure cromatiche che si avviano dall’attento e paziente lavoro dell’artista.
Sono, tutte queste vedute di Micossi, una realtà trasformata in fantasia, una ben concreta, verificabile successione di piani che diventano visione, quasi favola, un modo per trasferire ciò che gli occhi concretamente vedono in una sorta di “dover essere” del mondo in cui veramente si trasmette quell’Amor Naturae, di cui parla il titolo dell’esposizione.
Molti gli esempi che si possono fare, qualcuno almeno andrà un po’ delineato, per rendere più concreto e verificabile il nostro discorso.
Castello di Udine con Alpi Giulie, acquatinta. Estremamente suggestiva la visione della città, lasciata intuire attraverso i suoi culmini e campanili, con insediato al centro il Castello, vero nel volume, ma assai alleggerito dalla luce bianca che lo investe, dal sottile disegno dell’architettura, che separa e distanzia dalle montagne, tuttavia ricollegate visualmente ad esso dal chiarore della neve che illimpidisce l’azzurro più profondo con cui è delineato tutto lo spazio dell’alpe.


È questo, appunto, uno dei mezzi espressivi più efficaci che Micossi usa: l’impostare tutta la visione su due toni, il bianco e l’azzurro, qui separati solo da una zona di sapientissimo grigio-nero. L’effetto che così egli ottiene è quello di far diventare la realtà rappresentata quasi un cristallo dipinto, fermato per sempre in una luce che è nello stesso tempo vera e sognata.
Il bianco e l’azzurro sono sostituiti, in altre tavole, da una dominante rosso-ocra sapientemente intersecata da caldi grigi di diversa tonalità, come si vede per esempio nel bellissimo trittico dedicato al Tagliamento: che diventa, nel montaggio di tre tavole, quasi un’incantata opera astratta, senza tuttavia perdere il fascino paesistico da cui è suggerito.
Altre volte dominano i neri e i grigi, contrastati da fasce di bianchi sottilmente vibranti: è il caso, per esempio, di Jof Fuart e Valbruna, con la grande montagna che diventa quasi il fondale di una storia leggendaria e un po’ inquietante: perché Micossi sente anche il mistero, e il pericolo, della montagna.
O le sinfonie che riguardano le Dolomiti, come Tre cime di Lavaredo e Croda dei Toni, sera, oppure Averau, Cinque Torri e Tofana di Rozes, da Cortina, che sono, nella loro vastità, come dei poemi visivi; o, per un ultimo esempio, Everest da Rongphuck, Tibet, acquatinta classicamente impostata, con un primo piano più scuro che fa risaltare la mole maestosa del monte nei suoi toni rosso-ocra, un’immagine di realtà che traduce tuttavia anche il trasalimento, la meraviglia, la stupefatta contemplazione di un uomo, Mario Micossi, che guarda l’imponenza della natura. E noi con lui.
Giancarlo Pauletto

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